Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent’anni e piùe
girato ha ‘l monte in la prima cornice,
mio figlio fu e tuo bisavol fue:
ben si convien che la lunga fatica
tu li raccorci con l’opere tue
(Par. XV 91-96)
Il bisnonno Alighiero, anima in Purgatorio
L’incontro con Cacciaguida consente di risalire non solo al capostipite degli Alighieri, ma anche al personaggio da cui deriva il cognome di questa famiglia. Infatti, l’antenato parla di “tua cognazione”. Il termine, che deriva dal latino cum+gnatus, vale lett. ‘nato assieme’, ma si è specializzato con l’accezione più generica di ‘congiunto, consanguineo’ (in quanto ‘discendente da un medesimo progenitore’). Il figlio di Cacciaguida, solitamente denominato Alighiero I per distinguerlo da Alighiero II padre di Dante, è il bisnonno del poeta fiorentino, e la sua esistenza va collocata indicativamente tra il 1140 e il 1210. Dal punto di vista stilistico, si noti la disposizione perfettamente simmetrica dei due membri del v. 94. Gli aggettivi possessivi e i verbi essere incorniciano i sostantivi incaricati di stabilire l’esatto legame di parentela (il primo dal punto di vista di Cacciaguida, il secondo dal punto di vista di Dante). Cacciaguida non nomina esplicitamente il figlio, ma fornisce importanti informazioni circa la sua dimora ultraterrena. Alighiero, infatti, da più di cento anni si trova tra i superbi della prima cornice del Purgatorio. Da notare il fatto che Dante, quando incontrò tali peccatori (vd. Purg. X-XII), non fece mai menzione di questo suo antenato. Il motivo di ciò va probabilmente ricercato nell’esiguo interesse che tale incontro avrebbe avuto nell’economia della Commedia (altrove, il poeta introdusse propri parenti come occasione per trattare determinati motivi che gli stavano a cuore). Infine, per la comprensione del passo sopraccitato, risultano importanti i vv. 95-96, che letteralmente significano ‘è giusto che tu (= Dante) abbrevi le sue pene con le tue preghiere’. L’invito di Cacciaguida richiama una delle leggi più importanti del regno intermedio: la durata delle pene può essere accorciata grazie alle buone opere (preghiere, elemosine, digiuni) rese in suffragio dei defunti (cf. Purg. III 136-141).
Come nasce un cognome
Ai tempi di Dante, il cognome derivava da un patronimico, ovvero da una formula composta da nome proprio seguito da ‘figlio di…’. Non tutti, però, potevano fregiarsi di un cognome, dal momento che solitamente un individuo del popolo veniva identificato mediante il nome personale e quello del padre (il patronimico, appunto; tale fenomeno si è visto in CDD., n. 1). Quando un individuo diveniva celebre e faceva fortuna, allora il suo nome poteva benissimo divenire il cognome dei suoi discendenti. Ciò non implicava alcun privilegio giuridico, ma denotava soltanto un certo rilievo sociale, come quello posseduto dai Cavalcanti, dai Donati, dai Chiarmontesi nella Firenze del XIII secolo. E gli Alighieri? Anche se Dante dichiara che la sua famiglia possiede un cognome da ben quattro generazioni, in realtà il primo documento che registra l’uso consapevole di Alighieri come cognome risale al 1260, pochi anni prima della nascita del poeta.
Antenati illustri?
In fin dei conti, il racconto di Dante non dice granché sulla figura storica del bisnonno. Di maggiore utilità si rivelano i documenti d’archivio della Badia fiorentina. Si apprende così (vd. CDD., n. 2[1]) che il 9 Dicembre 1189 “Preitenittus et Alaghieri fratres, filii olim Cacciaguide” (ovvero ‘figli del fu Cacciaguida’, evidentemente defunto a quella data) si impegnarono a tagliare un fico di loro proprietà, la cui crescita avrebbe danneggiato il muro della chiesa di S. Martino del Vescovo, presso la quale sorgevano le proprietà degli Alighieri. Secondo alcuni studiosi, il documento testimonia che i figli di Cacciaguida avevano raggiunto un livello sociale piuttosto elevato, dal momento che il rettore di S. Martino del Vescovo era impegnato, in quello stesso anno, in un’altra lite con i Donati, famiglia che rappresentava la crème dell’aristocrazia fiorentina già alla fine del XII secolo[2]. In realtà, nessun elemento interno al testo autorizza a trarre conclusioni così perentorie. Semmai, un altro documento (datato 14 Agosto 1201, vd. CDD., n. 3) permette di ipotizzare che Alighiero fosse stato un personaggio di un certo livello. L’atto, nel quale il bisnonno di Dante risulta testimone di un importante accordo politico e commerciale con il comune di Venezia, dimostrerebbe la partecipazione di Alighiero all’attività economica e governativa di Firenze. Si potrebbe allora supporre che la superbia di Alighiero fosse dovuta alla visibilità politica e, al limite, alla discendenza da un cavaliere (Cacciaguida), dignità piuttosto rara a quel tempo.
Il documento del 1201 non concorda esattamente con la testimonianza dantesca, secondo cui Alighiero starebbe scontando la pena da più di un secolo. In realtà, se il viaggio di Dante si compie nel 1300, a questa data il bisnonno era morto da meno di un secolo! Risulta evidente che Dante, in maniera del tutto normale, non conosceva con esattezza la data di morte del bisnonno. Nient’altro è possibile ricostruire circa la figura storica di Alighiero figlio di Cacciaguida. Assai dubbia è la teoria secondo cui egli contrasse un matrimonio importante con la figlia di Bellincion Berti (vd. Par. XV 112). Se davvero gli Alighieri furono imparentati con una famiglia così importante, Dante lo avrebbe certamente ricordato in maniera esplicita.
[1] Il documento digitalizzato è consultabile al sito-web dell’Archivio di Stato di Firenze: <https://www.archiviodistato.firenze.it/pergasfi/index.php?op=fetch&type=pergamena&id=523989>.
[2] Il principale sostenitore di queste argomentazioni è E. Faini, di cui si veda l’articolo Ruolo sociale e memoria degli Alighieri prima di Dante, in Dante attraverso i documenti I, pp. 203-242.